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2 AGOSTO 1980: BOLOGNA NON DIMENTICA

By on Agosto 2, 2021 0 614 Views

Alle 10.25 del 2 agosto 1980 il boato. L’esplosione alla stazione centrale di Bologna avviene in un afoso sabato di esodo, che fino a un attimo prima scorreva tranquillo, con le code in autostrada e la gente spensierata alla stazione, felice di partire per le mete di vacanza. L’esplosione squarcia l’ala sinistra dell’edificio su piazza Medaglie d’Oro: la sala d’aspetto di seconda classe, il ristorante, gli uffici del primo piano vengono disintegrati. Anche il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, fermo sul primo binario e in ritardo di un’ora sulla tabella di marcia, è colpito dalla valanga di macerie e detriti che in pochi istanti schiacciano e soffocano inermi viaggiatori di ogni età e provenienza. Il bilancio finale della strage più sanguinaria nella storia d’Italia è drammatico: 85 morti e 200 feriti.

I soccorsi sono immediati: per le strade di Bologna si sentono solo le sirene dei mezzi che, da e verso gli ospedali, corrono a tutta velocità sul luogo della strage. In pochi minuti arrivano decine di mezzi dei vigili del fuoco, polizia, carabinieri, vigili urbani, ambulanze, l’esercito. Saltano le linee telefoniche e dunque le comunicazioni, dal momento che all’epoca cellulari e internet non esistevano ancora.

Chiunque può dà una mano nel continuare a cercare persone vive tra le macerie. All’imolese Agide Melloni, autista trentunenne, toccò uno dei compiti più difficili: quello di mettersi alla guida di un bus giallo e rosso della linea 37, la vettura 4030, che nell’emergenza si trasformerà in un improvvisato carro funebre per trasportare le salme alla Medicina legale, nella vicina via Irnerio. “Mi chiesero di portare via i cadaveri con il bus – racconterà Agide Melloni -. Dal mattino alle tre di notte, con i lenzuoli bianchi appesi ai finestrini. In ogni viaggio c’era con me qualche soccorritore, per sostenermi”.

Contemporaneamente ai soccorsi, partono le ipotesi investigative. Le prime prendono in considerazione lo scoppio di una caldaia, ma nel punto dell’esplosione non ce ne sono, e allora viene subito accantonata l’improbabile fuga di gas. A questo punto la causa della strage si fa drammaticamente chiara: una. bomba ad alto potenziale Mentre il centro città è squarciato dalle sirene, arriva in stazione il presidente della Repubblica Sandro Pertini, commosso e angosciato, mentre tutt’intorno una catena umana continua a spostare detriti e cercare vita tra le macerie. Quando si spengono anche le ultime speranze di trovare altri sopravvissuti, su Bologna cala un silenzio irreale.

La sera piazza Maggiore si riempie: Bologna, attonita e sgomenta, non chiede vendetta ma giustizia. Ancora oggi, 41 anni dopo.

 

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