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23 OTTOBRE 1863 UN CERO DA FUOCO NELLA CHIESA DEI SANTI SEBASTIANO E ROCCO AL QUADRO DEI TITOLARI DIPINTO DA UBALDO GANDOLFI

By on Ottobre 23, 2024 0 19 Views

Andrea Gilli, questa sera, ci parla di gruppi di fedeli che, riunendosi, prendevano il nome di Confraternite…

Nei primi anni del Cinquecento fiorirono a Cento numerose confraternite ovvero gruppi di fedeli che si riunivano in casa di uno di loro per pregare.

Uno di questi gruppi, formato da una dozzina di pie persone, si ritrovava tutte le sere nella casa di un certo Lorenzo Cagnoli, notaio bolognese che esercitò la sua professione a Cento indicativamente tra il 1504 e il 1520, e scelse come protettori i due santi popolari Sebastiano e Rocco, tra i più invocati contro le malattie epidemiche (la peste in particolare) che in quel periodo stava flagellando molte zone limitrofe).

ALLA MORTE DEL NOTAIO

Quando il Cagnoli morì, lasciò per disposizione testamentaria la sua casa e l’orto vicino agli amici, a condizione che sul posto venisse edificata una chiesa e che questa diventasse sede di una vera confraternita, intitolata ai Santi Sebastiano e Rocco; per tener fede alle disposizioni testamentarie del loro benefattore in data 11 maggio 1521 il gruppo venne riconosciuto come confraternita a seguito di bolla del vescovo Rinaldo Graziani, vicario generale dell’arcivescovo di Bologna, e diede inizio alla costruzione della chiesa che venne terminata nel 1552; nel 1566 fu eretto l’oratorio posteriore per le riunioni di preghiera dei confratelli.

Chiesa ed Oratorio mantennero la conformazione cinquecentesca fino alla metà del sec. XVIII°, con un probabile intervento secentesco sulla facciata porticata. Quando nel 1749 Papa Benedetto XIV vi trasferì la cura delle anime sottraendola alla vicina Chiesa di San Pietro, si resero necessari lavori di ampliamento ed abbellimento.

L’incarico venne affidato all’architetto centese Pietro Alberto Cavalieri, (1707-1782) che ristrutturò l’intero complesso negli anni 1764-70.

ARCHITETTURA DELLA CHIESA

Il prospetto che si snoda su due ordini, è suddiviso in tre campate e presenta un loggiato o nartece a tre fornici a tutto sesto che insistono su due colonne e due semicolonne di ordine toscano. Un marcapiano separa il primo dal secondo ordine diviso in tre comparti da quattro lesene. Nei due comparti esterni si trovano due finestre archivoltate a tutto sesto per parte di cui una murata. Un cornicione a fasce separa il secondo ordine da un muro in cui si trova l’orologio, sormontato da un timpano a lunetta. Due volute di raccordo si trovano e completano il prospetto che è delimitato da due pilastri con cuspide.

GLI INTERNI

La Chiesa a navata unica è a pianta rettangolare e prosegue in un Oratorio sempre a pianta rettangolare. Sopra l’ingresso si trovava su una balconata l’organo. Nelle pareti laterali si trovano due piccole cappelle entro un arcone a tutto sesto.

Il presbiterio, rialzato di un solo gradino, è delimitato da due pilastri polistili e due colonne di ordine ionico ed è coperto da una pseudocupola a pianta ovale. Nelle pareti laterali si trovano quattro finte finestre su balconcino. La copertura è costituita da una volta a botte e da una volta a vela. L’interno è ornato di stucchi e capitelli lavorati dal plasticatore bolognese Antonio Lepori.

Secondo uno schema tipico dell’area centopievese, ai lati dell’altare maggiore si aprono due porte che immettono nell’oratorio retrostante.

L’interno conserva alcune tele pregevoli come “L’Angelo custode” di Matteo Loves oltre ad un ciclo di affreschi di Mattia Cremonini nell’oratorio mentre sull’altare maggiore è presente la tela cinquecentesca, opera di Orazio Lamberti, raffigurante Cristo in croce con ai suoi piedi la Madonna e i Santi Giovanni, Sebastiano e Rocco quella stessa tela che nel 1775 venne sostituita con una nuova pala dipinta da Ubaldo Gandolfi, nativo di San Matteo della Decima (aa. 1728-1781) che il 23 ottobre 1863, (stando all’Orsini nella sua “Selva enciclopedica” ma più fondatamente si tratta di evento anteriore al 1861), mentre internamente alla chiesa si celebrava la festa del Redentore, per colpa di un cero che improvvisamente si piegò verso essa, prese fuoco e andò completamente distrutta. In conseguenza di questo malaugurato incidente, l’antica pala cinquecentesca, prelevata dalla Municipale Pinacoteca di Cento dove dopo la sostituzione era stata trasferita, tornò alla sua originaria collocazione dove tuttora persiste.

OGGI

grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cento che acquistò il bozzetto/studio di quella che fu la pala d’Altare andata distrutta quel tragico 23 ottobre del 1863, dopo la presentazione al pubblico del dipinto avvenuta il 13 aprile del 2019 all’ interno della chiesa stessa è presente una copia fotografica del dipinto che è stata collocata in una delle finte finestre su balconcino mentre il bozzetto originale è visibile, grazie a Credem, nella Civica Pinacoteca del nostro comune.

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