ALESSANDRO PREZIOSI E’ VINCENT
In arrivo il primo appuntamento di prosa della stagione 2019/2020 al teatro Pandurera di Cento. Ad inaugurare il cartellone, mercoledì 11 dicembre p.v., lo straordinario Alessandro Preziosi che interpreterà il pittore Vincent Van Gogh in “Vincent Van Gogh. L’odore assordante del bianco.”
C’è l’odore e, dunque, il richiamo al senso dell’olfatto ma anche qualcosa di assordante che intacca spaventosamente l’udito del protagonista, così come quello dello spettatore; quel qualcosa è il non-colore, il bianco, il rimando alla vista. Vincent Van Gogh. L’odore assordante del bianco, in effetti, si fonda sull’intreccio di tre sensi: l’olfatto, l’udito e la vista, uniti tra di loro in un ossimoro scomodo che anticipa violentemente la scena che si pone di fronte al pubblico in sala.
Con la sua drammaturgia asciutta e tagliente, ma ricca di spunti poetici, Stefano Massini riflette sul tema della creatività artistica in una sorta di thriller psicologico che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine.
“Attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento in manicomio di Vincent Van Gogh, interpretato da Preziosi, lo indaga sulla complessa creatività artistica del pittore olandese, lasciando lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Il testo vincitore del Premio Tondelli per la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” è ricco di spunti poetici, offrendo considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.
La devastante neutralità del vuoto in cui è rinchiuso Van Gogh, ovvero il manicomio di Saint Paul, viene rappresentata da una scenografia completamente bianca. Ma è un bianco che parla con i suoi dettagli, come gli inconfondibili tratti del “Campo di grano con volo di corvi” che appaiono in bassorilievo sullo sfondo. E non è l’unico elemento su cui soffermare l’attenzione. Bellissimi i momenti con le ombre sulle pareti in cui sono le pareti stesse a diventare scena.
Trama
Siamo in un ospedale psichiatrico del 1889 e, rinchiuso in una stanza insopportabilmente bianca, c’è Vincent Van Gogh, interpretato da un granitico e straordinariamente disturbante Alessandro Preziosi. Il pittore olandese vive le sue giornate in claustrofobia, in una solitudine angosciante e tediosa che non fa altro che rimarcare le paure e le paranoie dell’insania, fin dall’inizio riconosciuta da Van Gogh.
Vincent vede cose, vede persone, ombre, sente voci, sussurri, parole bisbigliate, talora è un bambino e talora un folle: ossessioni moleste che distruggono la realtà e la concezione stessa del tempo, in un luogo in cui l’accentuazione del bianco non fa altro che risaltare la mancanza di colore a cui è costretto il pittore. Un pittore senza colori: Vincent si dispera in un bianco che è sinonimo di morte in uno schematico e straziante spazio in cui il «il tempo non ha tempo». La fatica di Alessandro Preziosi, assorbito completamente nella malattia di Vincent, cola dalla fronte dell’attore sotto forma di sudore e si deposita su una tela bianca; quella stessa tela che è stata scoperta dal fratello di Vincent, Theo, arrivato all’ospedale di Saint-Paul-de-Mausole per parlare finalmente col fratello. Dialoghi veloci e incalzanti sembrano lasciare spazio ad un vero e proprio monologo interiore che Vincent recita a sé stesso, intrappolato in quelle mura di un bianco quasi acido che corrodono lentamente l’anima del pittore. Theo deve firmare il registro del manicomio per poter finalmente portare via da quella stanza bianca il fratello Vincent, ingabbiato in un non-colore che non ammette respiro. E allora Vincent cercherà in tutti i modi di convincere Theo ad ascoltarlo, convincendolo della buona salute di cui gode.
Ma Theo è reale? E, in verità, chi lo è veramente?