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FAUSTINA BOVINA L’ANTIFASCISTA

By on Dicembre 1, 2022 0 232 Views

era il 1 Dicembre 1977…
Era il 1° dicembre del 1977 quando a Pieve di Cento, moriva l’antifascista, comunista e femminista, Faustina Bovina.
Faustina era nata il 24 febbraio del 1899 a Castello d’Argile; una vita, la sua, impegnata nella battaglia politica antifascista, nella militanza nel Partito Comunista del quale era instancabile animatrice con l’attività nel locale circolo dell’Udi.

Iscritta al partito fin dalla sua fondazione (1921) Faustina Bovina realizzò nei fatti una sua coerenza di vita come comunista, come donna, come lavoratrice.
Il giorno del suo matrimonio, lei e il marito Anselmo Maretti, come regalo di nozze, si presero un sacco di botte da alcuni facinorosi locali identificati come attivisti del fascio.

Faustina e il marito erano braccianti ma, proprio per l’antifascismo attivo di allora, era impossibile trovare lavoro presso le aziende agricole della zona.

Fu così che, dovendo per forza inventarsi un altro modo per vivere, si misero a produrre ceste e panieri in vimini.

Il trasferimento della coppia a Cento avvenì per maggiori opportunità di guadagno nella vendita dei prodotti in vimini. L’attività di ambulante coincise anche per Faustina, il raggiungimento del primato, nel 1929, come prima fra le donne,della provincia di Ferrara, a prendere la patente di guida, suscitando, come lei stessa amava ricordare, lo stupore e l’irritazione dell’ingegnere che la esaminò che non si capacitava che una donna, e per giunta una proletaria, aspirasse ad una meta così tipicamente maschile.

Molte le attività di volontariato che la videro protagonista, come la raccolta di viveri di casa in casa per poter mantenere, nella colonia vicino al fiume Reno, i figli delle mondine che andavano in Piemonte per i lavori nelle risaie, o come nel caso dei bambini del sud attanagliati dalla fame o dei bimbi del Polesine sfollati dopo la terribile alluvione del Po.

Dopo la morte, in pieno accordo col marito, morto un paio d’anni prima, non avendo avuto figli, lasciò ogni bene, compresa la casa sita in via Lavinino, al partito comunista centese, oltre che una donazione alla città di panchine lungo il viale del cimitero come confermano i nomi che su esse ancora oggi si leggono.

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